MOBBING IMMOBILIARE: quando il proprietario di casa disturba l’inquilino
Il mobbing immobiliare esiste: a sancirlo una sentenza della Cassazione, ma come si valuta?
Stressare un inquilino e pressarlo con lo scopo di costringerlo ad abbandonare un’abitazione in affitto è mobbing immobiliare.
Così decide una sentenza della Corte di Cassazione che accoglie il ricorso di un affittuario.
L’inquilino era stato chiamato in giudizio numerose volte dal suo padrone di casa, con lo scopo di spingerlo ad abbandonare l’appartamento.
Le cause erano state tutte dichiarate infondate e rigettate, e avevano avuto l’effetto di causare uno stress psicologico all’affittuario. La legge, al contrario, obbliga il padrone di casa ad assicurare all’inquilino il pacifico godimento dell’immobile.
Il “mobbing immobiliare consisterebbe nelle pressioni, anche illegali, dei proprietari “per cacciare gli inquilini” allo scopo di sfruttare meglio l’immobile o in relazione ad un piano di trasformazione urbanistica. Secondo il ricorrente dal 1995 “la proprietà ha iniziato tutta una serie di azioni, tutte documentate e tutte risoltesi in favore dell’avv. XXX, con l’unico scopo di risolvere il contratto di locazione”. L’inquilino lamentava mobbing immobiliare perché “una simile serie di azioni giudiziarie nei confronti del medesimo soggetto, tutte infondate e temerarie, tanto da essere sempre rigettate, costituiscono indebita e scorretta forma di pressione sul ricorrente, costretto a subire un pesante stato di stress”; e sarebbe “evidente come siffatte azioni siano chiaramente intentate al solo scopo di “convincere” il conduttore a rilasciare l’immobile”; il ricorrente sarebbe stato “praticamente sempre sotto perenne minaccia di sfratto per motivi ignoti”.
Come sancito dalla Cassazione, quindi, il mobbing immobiliare costituisce un illecito che fa scattare il diritto al risarcimento del danno.
Corte di Cassazione, sentenza n 5044/2017