La lap dance? Arte o prostituzione?
La domanda è stata posta alla Cassazione che ha esaminato il caso di condanna di due gestori di un locale la cui attrazione erano balli provocanti, lap dance.
Il Tribunale condannava i gestori di due locali a 5 anni per associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Il motivo? L’attrazione dei locali era proprio la Lap dance (o pole dance).
I gestori facevano appello e ancora una volta subivano una condanna, quindi si rivolgevano alla Cassazione.
A sorpresa la Cassazione ha annullato le condanne e (ordinando un nuovo Appello) ha fatto intuire di qualificare la lap dance come lecito esercizio di una manifestazione a contenuto artistico, negando forme di più o meno occulte prostituzione.
Quindi se le ballerine non sono in condizione di sottomissione materiale o psicologica alla volontà del cliente non vi è prostituzione.
Anche quando il cliente avanzi richieste di prestazioni di natura sessuale quali toccamenti o più spinti spogliarelli? Si.
La linea di confine è tracciata all’esito della verifica della possibilità di interazione dei clienti sull’ attività compiuta dalla ballerina.
Nel caso portato in Cassazione le ragazze si intrattenevano con i clienti al bar o sui divanetti per consumare bevande che erano offerte dagli avventori: comportamento che corrispondeva a un invito dei titolari ma anche a un interesse delle ragazze (una cui parte di retribuzione era agganciata a quanto consumato dai clienti).
Il meccanismo «spingeva le ragazze a un certo “protagonismo” finalizzato, attraverso fisica intimità che a volte poteva trascendere in espliciti quanto fugaci toccamenti, ad accaparrarsi e fidelizzare i clienti più remunerativi, ponendosi così anche in posizione di forza nelle trattative con i gestori sui turni di lavoro».
Insomma “la lap dance è una manifestazione artistica lecita, del tutto svincolata dal reato di prostituzione”.