Cannabis: niente pollice verde quindi niente condanna?
Quattro piante di cannabis in vaso, sul balcone di un appartamento. Al proprietario viene contestato il reato di detenzione a fini di spaccio, ma l’esame delle condizioni delle piante cambia la sorte del processo.
Questa è la storia del mancato “pollice verde” che salva il coltivatore di marijuana dal reato. La Corte di Cassazione infatti ha ritenuto di escludere il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio a seguito dell’esame del “cattivo stato vegetativo” delle piante di cannabis coltivate sul balcone. A salvare il coltivatore è proprio la mancanza di pollice verde che ha portato le piante ad uno stato di marcescenza tale da ridurre di fatto la gravità della sua condotta. La Cassazione ha accolto il ricorso di un uomo che era stato condannato per aver coltivato cannabis in quattro piantine in vaso sul balcone del proprio appartamento. Nella sentenza si legge che “con riferimento alla condotta di coltivazione, non assume alcun rilievo la destinazione ad uso personale della sostanza, sicché la circostanza sottolineata dalla difesa che le dosi potenzialmente ricavabili dal materiale in sequestro fossero quantificabili al di sotto della dose media giornaliera non è dirimente al fine di escludere l’accertamento del reato”, quindi secondo la Cassazione, ciò che è fondamentale e che non è verificato in concreto, “è l’effettiva offensività della condotta di coltivazione contestata che risulta eseguita, attraverso il possesso di quattro piantine in vaso alte al massimo 25 cm, in cattivo stato vegetativo”. In poche parole: l’offensività della condotta va valutata in base al fatto concreto, cioè va verificato se di fatto vi è una lesione “del bene giuridico tutelato”, quindi il cattivo stato di coltivazione, tale da far presumere la marcescenza delle piante, mette in dubbio l’illegittimità della condotta, e la sentenza è favorevole al “coltivatore”. Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 24732/15.