Cartella illegittima e risarcimento
Nel caso di cartella illegittima si può ottenere il risarcimento? Se Equitalia commette un errore grave nella riscossione e ciò causa un danno (per esempio da stress e di immagine) si può ottenere il risarcimento?
La risposta è SI!
La Corte di Cassazione (e da ultimo anche il Tribunale di Teramo) ha stabilito che se Equitalia ha emesso una cartella illegittima, c’è l’obbligo del risarcimento dei danni morali al contribuente in quanto nella riscossione ha commesso un errore che causi danno da stress e di immagine. Ovviamente ci sono dei limiti al risarcimento dei danni, e la normativa prevede che questi siano dimostrabili e quantificabili.
La sentenza dice che Equitalia è obbligata al risarcimento dei danni morali e da stress al cittadino quando si può dimostrare che “che le sofferenze patite si sono sviluppate in una malattia medicalmente accertabile”, provocando una lesione all’integrità psicofisica e quando è dimostrabile che il cittadino “abbia subito un danno alla propria immagine personale ed identità”.
Quindi per Equitalia dalla cartella illegittima non deriva un automatico obbligo al risarcimento, il danno non patrimoniale non può essere risarcito quando consista in “meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altra espressione di insoddisfazione, costituenti conseguenze non gravi ed insuscettibili di essere monetizzate perché bagatellari”.
È quindi possibile ottenere il risarcimento dei danni in caso di Cartella Equilalia illegittima? Si, ma il risarcimento per i danni morali quindi non è ne automatico ne semplice da ottenere, poichè le conseguenze devono essere gravi e dimostrabili.
Ad esempio si può qualificare come danno “il repentino mutamento dei rapporti degli istituti bancari” verso il contribuente. Altro caso frequente è il danno (patrimoniale) subito a causa di una notifica illegittima di una cartella Equitalia.
In questo caso vi è una effettiva perdita di somme di denaro, ma anche di possibili guadagni futuri. Tribunale di Teramo, sentenza n. 997/2016 Corte di Cassazione, sentenza n. 12413/2016