Il “nuovo” reato degli Youtuber
Il cielo di internet è costellato di Youtuber, si sa, ma non tutti usano la rete per motivi leciti, c’è anche chi vorrebbe trarne vantaggio a discapito degli altri. Ecco il profilo del tipico reato dello Youtuber
La Corte di Cassazione ha stabilito che usare ‘Youtube’ come arma di ricatto è reato. Scatta la condanna per chi usa il famoso canale per costringere (o per meglio dire per “coartare”) la volontà di qualcun altro con la minaccia di pubblicare in rete un video imbarazzante, a maggior ragione se la vittima del ricatto è una donna. Lo ha deciso la Cassazione, condannando lo youtuber per il reato di “violenza privata” al quale si accompagna anche la condanna per violazione della privacy nel caso in cui, dalle minacce, si passi poi alla effettiva divulgazione del video su Youtube. L’imputato, condannato per aver tenuto “sotto scacco” una ragazza costringendola “ad avere contatti informatici con lui sotto continue minacce di pubblicare in rete un video che la ritraeva in pose oscene” ed anche per il reato di “trattamento illecito dei dati personali” per aver in seguito pubblicato il video su Youtube “con conseguente lesione dei diritto alla riservatezza dell’immagine”. A riprova dei fatti denunciati c’erano numerose e-mail che lui le aveva scritto con contenuti intimidatori, ‘avvertendola’ che in una “cerchia ristretta” come quella in cui vivevano, avrebbe fatto scalpore il video e la vicenda “ti macchierà per sempre”. La Corte ha ritenuto il ragazzo colpevole perché aveva “coartato la capacità di autodeterminazione della ragazza tenendola sotto scacco”. Infondato è stato giudicato dalla Cassazione anche il motivo di ricorso contro la condanna per violazione della privacy. La difesa dello youtuber aveva asserito che dalla pubblicazione del video sul canale, non era derivato danno (“nocumento”) alla ragazza dato che “l’inserimento del video su Youtube non comportava comunque l’ accesso da parte di persone terze” anche perché l’imputato non aveva inserito gli “hashtag”, cioè i criteri di ricerca, e ciò era provato dall’ulteriore circostanza che lui “aveva minacciato la divulgazione su Facebook”. I giudici “dall’avvenuto inserimento nel circuito Youtube del video ritraente la ragazza, avevano desunto l’esistenza del nocumento consistente nella lesione dei diritto alla riservatezza dell’immagine: trattasi di tipico accertamento in fatto, in questa sede insindacabile” anche perché l’obiezione difensiva “si risolve ancora una volta in una critica di tipo fattuale laddove tende a sostenere l’inaccessibilità al file da parte degli utenti, circostanza peraltro indimostrata ed anzi esclusa dai giudici di merito”. Cassazione Penale, sentenza n. 40356\15.