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L’imputato è sardo? Va processato nella sua lingua

Sara Mascitti > News  > L’imputato è sardo? Va processato nella sua lingua

L’imputato è sardo? Va processato nella sua lingua

Secondo la Cassazione “il cittadino italiano appartenente a una minoranza linguistica riconosciuta, nell’ambito di ogni procedimento pubblico cui lo sesso sia interessato, ha il diritto di essere interrogato o esaminato nella madrelingua”. Il sardo? “Costituisce patrimonio di una minoranza linguistica riconosciuta” pertanto chi finisce alla sbarra ha diritto ad essere interrogato nella sua madrelingua. Stesso discorso per il verbale di udienza: va scritto in sardo, “a pena di nullità” del procedimento. A scendere in campo a difesa della “lingua sarda” è la Cassazione che, legge 482 del 1999 alla mano, ricorda che “il cittadino italiano appartenente a una minoranza linguistica riconosciuta, nell’ambito di ogni procedimento pubblico cui lo sesso sia interessato, ha il diritto di essere interrogato o esaminato nella madrelingua e di vedere redigere in tale lingua il relativo verbale. Ha altresì il diritto di ricevere tradotti nella predetta lingua, a pena di nullità, gli atti del procedimento a lui indirizzati successivamente alla corrispondente richiesta dallo stesso avanzata all’autorità investita del procedimento”. La Cassazione quindi riprende e fortifica le statuizioni della Costituzione che tutela e protegge le minoranze linguistiche. Va detto che nel caso analizzato dalla Corte, il ricorrente – un noto indipendentista sardo cui era stata revocata l’ammissione al gratuito patrocinio – rivendicava di essere stato processato in italiano e non nella sua lingua, ovvero “il dialetto sardo campidanese”. L’imputato si è visto respingere il ricorso solo perché agli atti non era stata allegata la deliberazione del Consiglio provinciale di Oristano “al fine di verificare l’effettiva inclusione del comune di Terralba nell’ambito territoriale interessato dalle prerogative di tutela” previste dalla legge 482\99. La Corte di Cassazione, infatti, spiega che “al fine di rivendicare il diritto all’applicazione delle disposizioni dettate a tutela delle minoranze linguistiche storiche, il richiedente” è tenuto a “fornire la prova delle formale inclusione del territorio in cui lo stesso risiede tra quelli espressamente individuati nei provvedimenti amministrativi provinciali o comunali”. Diversamente il processo va avanti in italiano. Tra le lingue meritevoli di tutela anche davanti ai giudici ci sono pure il “friulano, il ladino, l’occitano”. 

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