La Cassazione boccia il matrimonio gay, ma chiede le riforme
Non è obbligatorio, per uno Stato, avere una legge che estenda il matrimonio alle coppie gay. Non lo impongono né l’Europa né la Costituzione.
Così la Cassazione risponde all’accusa di “discriminazione”. Ma a sentenza precisa che l’unione «può acquisire un grado di protezione e tutele equiparabile a quello matrimoniale». Dunque no al matrimonio gay, dato che “nel nostro sistema giuridico di diritto positivo il matrimonio tra persone dello stesso sesso è inidoneo a produrre effetti perché non previsto tra le ipotesi legislative di unione coniugale”. Inoltre la sentenza precisa che l’assenza di una legge per le nozze omosessuali non costituisce una “violazione del canone antidiscriminatorio”. La decisione si fonda sulla Carta dei diritti fondamentali della Ue: “L’articolo 12 – osservano gli ermellini – non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, ma nello stesso tempo non contiene alcun obbligo”. “Nell’art. 8 – prosegue ancora il verdetto – che sancisce il diritto alla vita privata e familiare, è senz’altro contenuto il diritto a vivere una relazione affettiva tra persone dello stesso sesso protetta dall’ordinamento, ma non necessariamente mediante l’opzione del matrimonio per tali unioni”. “La legittimità costituzionale e convenzionale della scelta del legislatore ordinario, in ordine alle forme ed ai modelli all’interno dei quali predisporre per le unioni tra persone dello stesso sesso uno statuto di diritti e doveri coerente con il rango costituzionale di tali relazioni, conduce ad escludere” che l’assenza di una legge che consenta il matrimonio gay produca una “violazione del canone antidiscriminatorio”. La Cassazione poi da un suggerimento, nella sentenza si legge che vi è “la necessità di un tempestivo intervento del legislatore” affinchè vi sia un “riconoscimento”, in base all’art. 2 della Costituzione che tutela i diritti umani dei singoli e della loro vita sociale, ad “un nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia”, affermando la “riconducibilità” di “tali relazioni nell’alveo delle formazioni sociali dirette allo sviluppo, in forma primaria, della personalità umana”. No al matrimonio gay ma si ai diritti. Gli Stati quindi non sono tenuti ad adottare delle leggi che consentano le nozze, ma possono regolarsi con ampia autonomia sul tema del matrimonio gay. Corte di Cassazione, sentenza del 30 ottobre 2014 (depositata il 9 febbraio 2015) n. 2400.